© © 2023 - Carmine Montella, Baiano (Av). Senza l’autorizzazione scritta del titolare del copyright è vietato l’uso di testi, immagini e video del sito.

Ivo Vetrano 

(Baiano4 febbraio 1937 * 17 aprile 2016)

 

Figlio di Giuseppe e Maria Mattia Masucci.

Formidabile ala sinistra del calcio italiano. Ha onorato lo sport e il calcio della Bassa Irpinia sulla scena nazionale. Uno dei calciatori più rappresentativi del Baianese dal dopoguerra ad oggi; uno dei primi a calcare i palcoscenici professionistici.

Iniziò la propria carriera calcistica all'età di sedici anni con la casacca del Baiano, nel campionato di prima divisione, nel 1953, mettendo subito in bella mostra le sue notevoli capacità tecniche. Immediatamente fu richiesto da molti sodalizi campani ed approdò prima all'Atripalda e successivamente all’Avellino.

Nel 1959 uscì dalla Campania e per lui si aprirono le porte del grande calcio, dalla serie D alla serie A.

Approdò al Saronno. Nel primo anno vinse il campionato ed arrivò in serie C; in quello successivo realizzò ben tredici reti che gli consentirono di attirare su di sé l’attenzione dei principali club di serie A e serie B. Nell’estate 1961 passò al Modena, in serie B. Con sei marcature in ventinove presenze contribuì alla promozione in serie A dei canarini. L’anno successivo debuttò nella massima serie: un gol in otto presenze.

Quella del 1962-1963 fu una stagione calcistica storica per il calcio irpino: Ivo Vetrano fu il primo calciatore della provincia di Avellino a comparire sulle figurine Panini.

Nel 1964 approdò al Varese, dove con cinque gol in ventiquattro partite contribuì alla promozione in serie A della formazione lombarda. L’anno seguente, nella massima serie, realizzò due reti in ventisette partite.

 

Nel 1966-1967 fu uno dei primi calciatori italiani a giocare all’estero. Andò nella serie A svizzera, dove indossò la maglia del Lugano.

Nel 1967-1968 ritornò in Italia e in serie B realizzò due reti con la maglia del Potenza.

Vetrano era molto conosciuto nel territorio mandamentale e nel corso degli anni, conclusa la sua carriera calcistica, accettò ben volentieri di mettere a disposizione le proprie competenze per le società sportive locali.  

Ha anche legato il proprio nome alla società di calcio dell’A.C. Baiano, guidandola per svariati anni, ed anche nell’ultimo campionato di Eccellenza disputato nel 2005-2006.

Di lui tutti conservano un ottimo ricordo. Negli ultimi anni era solito presenziare agli allenamenti delle squadre mandamentali non mancando di fornire, con garbo, educazione e senza invadere troppo, validi consigli a tecnici, dirigenti, calciatori ed addetti ai lavori. Il richiamo del rettangolo di gioco non lo faceva desistere e al “Sanseverino” di Mugnano del Cardinale, nonostante l’età, indossava le scarpette da calcio, divertendosi ad istruire giovani calciatori, mostrando la sua massima attenzione al controllo palla e alle conclusioni in porta.

Una bandiera calcistica di tutto rispetto, un idolo calcistico per tanti, tantissimi giovani di quell’epoca che vedevano in lui un mito da seguire.

 

Ecco cosa scrive di lui il giornalista Gianni Amodeo il 18 aprile 2016, su “Bassairpinia.it”.

 

«Una falcata ampia e rapida, da agile ed asciutto longilineo con il metro e ottantadue centimetri di altezza che si ritrovava, per la corsa veloce da gazzella libera e spericolata e il dribbling stretto che gli permettevano con ubriacanti serpentine di piantare in asso -lungo l’out di sinistra- gli avversari, che tentavano di arginarne l’impeto agonistico, se giocava d’ala; ed era infallibile nei cross in corsa e da fondo campo convergenti verso il compagno meglio “piazzato”, per battere in rete.

Una combinazione di risorse e di inventiva da autentico talento, che era diventata raffinata tecnica di regia, una volta giunto a calcare i campi dei campionati nazionali di serie B e A, se era schierato da classica mezz’ala sinistra; tecnica e geometria, con cui fiondava gli attaccanti verso il gol, con lanci  per l’impatto nello shoot perentorio. Calciava di collo-piede, con precisione millimetrica nel “sette” e “sparando” tiri saettanti e potenti, quando non calibrava il tiro a “palombella”, che lasciava di stucco il portiere avversario. Ed era abile nei colpi di testa, “incornando” alla meglio sotto rete la sfera di cuoio. Era un “tuttomancino” così come lo è stato -nelle generazioni successive- Mariolino Corso, tra i giocatori-simbolo dell’Inter di Helenio Herrera.

Ivo Vetrano, da ragazzo, aveva avuto come palestra da campo l’androne del palazzo famigliare di piazza Napoletano, dove era in grado di destreggiarsi fino a superare cinquecento tocchi di palla su collo-piede in sequenza, senza mai perderne il controllo e lasciarla cadere. E la stessa sequenza era in grado di proporla, palleggiando di testa. Uno spettacolo da giocoliere fantasioso; ed era lo spettacolo dei fondamentali del calcio, che Ivo curava da sé con la passione e l’entusiasmo di chi è poco più che decenne. E poi c’era la palestra da campo all’aperto per partite senza limiti d’orario nei rettangolari “piazzali” orlati dai lecci d’inizio Novecento sempre di piazza Napoletano e di piazza Mercato; era la palestra di creativa e ludica anarchia, che faceva da viatico, per giocare al “Bellofatto” di via Olmo, cominciando la classica trafila seguita da tutti i calciatori in erba nelle formazioni di Lega giovanile del Baiano, impegnate nei “combattuti” campionati indetti dal Comitato zonale della Federcalcio di Nola, presieduta all’epoca da quel galantuomo ch’è stato il cav. Ermanno Buonomo. […]

La storia sportiva di Ivo inizia nel Baiano, con il campionato di prima divisione del 1953 assimilabile, per difficoltà, caratura agonistica e quadratura tecnica, alla serie D o serie C d’oggi. Era sedicenne. E gli “azzurri” -virtualmente gemellati con il Napoli fin dagli anni del secondo dopoguerra- erano allenati da Ruggero Zanolla, “maestro” di calcio e di stile di vita. Era un Baiano di buon gioco e tanta grinta, che schierava al centro dell’attacco Trapani, un autentico ariete, a cui Ivo “serviva” assist in serie. […]

Con le credenziali dell’eccellente campionato del 1953 per il giovanissimo Ivo si fecero pressanti le richieste di vari sodalizi che andavano per la maggiore in Campania. L’ambiziosa Atripalda prevalse. […] Ed Ivoinsieme con Gigino Nappi, grande mediano di spinta e cursore instancabile, è stato una delle figure più rilevanti della storia della formazione irpina, che ha conosciuto per anni i fasti della quarta serie interregionale, con un altro baianese di grandi qualità umane e tecniche qual era Franceschino Montuori, morto oltre dieci anni fa.

Poi per Ivo si aprirono le porte del calcio professionistico, dalla serie C alla serie A, con tappe a Saronno, Modena e Varese. Un decennio di belle ed intense esperienze, con il top raggiunto a Varese nella formazione allenata da Ettore Puricelli nei campionati del 1963-1964 e del 1964-1965. Era la formazione di cui era patron Giovanni Borghi, il “cumenda” di Comerio, tra i maggiori protagonisti del boom economico nazionale, in virtù della creazione della filiera produttiva degli elettrodomestici, “griffati” Ignis, portatori di modernità nelle case degli italiani.

Borghi -non solo grande uomo di lavoro e industria, ma anche di sport, per gli eccezionali successi realizzati dai suoi team su scala nazionale e europea con il basket, il ciclismo e il pugilato- era il primo “tifoso” del Varese che vinse il campionato di serie B e ben figurò in serie A. Ed aveva una spiccata predilezione per Ivo, ragazzo del Sud che gradino dopo gradino con tenacia aveva conquistato il proprio spazio nel calcio che conta. […]

Da Varese il ritorno nella “sua” Baiano era stato un passaggio affettivo obbligato. E al Baiano, da cui aveva preso l’avvio per il calcio di serie A, nel campionato di “promozione” regionale di metà anni ’70dedicò particolare impegno e cura, con una serie di strepitosi successi. Era il Baiano, in cui fungeva da allenatore e da regista a centro-campo impeccabile. […] Era un Baiano con i fiocchi. Forse, l’ultima edizione di un calcio che vive di altre motivazioni e orizzonti, in cui lo spirito amatoriale s’è dissolto o quasi, mentre quello professionistico è sempre agganciato al primato della finanza e piegato alle “ragioni” della televisione, che rende lo sport solo occasione di intrattenimento e guadagni esosi, mentre gli stadi restano deserti, senza festa di partecipazione popolare.»