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(Baiano, 20 ottobre 1915 * 23 giugno 1984)

Ha scritto:

Riflessioni su I ricordi del curato, su quarto di copertina, Libreria editrice Treves, Napoli, agosto 1961.

Chi è Maianardo,  in «Noi DC», Baiano, 1979.

Vincenzo Boccieri, deputato galantuomo, in  «Noi DC»  Baiano 1980.

Dalla fede all’impegno politico - Il circolo  S. Stefano, in «Il movimento dei cattolici e le origini della D.C. nel Baianese», Quaderni di Notizie, Anno 2, n.1, Tipografia Nuova Stampa, Avellino, gennaio-maggio 1982.

 

Nacque il 28 ottobre 1915 a Baiano da Andreana Sgambati e Domenico Sgambati. Terzo di sei figli: Giovanni,  Maria, Francesco, Stefano, Luciano e Domenico. Trascorse l’infanzia tra i vicoli dei "Vesuni". Frequentava di mattina la scuola, di pomeriggio aiutava la famiglia nella lavorazione dei cesti, poi faceva l’apprendista barbiere  in un salone del quartiere. Di notte studiava di nascosto dal padre e alla fioca luce di un cero che la mamma conservava a tal fine. Subito dopo aver conseguito il diploma classico presso la scuola in S. Pietro a Cesarano a Mugnano del Cardinale, si ammalò gravemente e sembrava non ci fossero speranze, quando sognò Santo Stefano che gli dettò il rimedio per guarire. Seguì alla lettera  le istruzioni ricevute e così guarì. Rimase pertanto devoto al Santo per tutta la vita.    

Per  alcuni decenni guidò i comitati per i festeggiamenti di Santo Stefano; si impegnò attivamente nell’organizzazione della festa patronale del 3 agosto e delle altre due feste dedicate al Santo, partecipando alla raccolta dei fondi, andando personalmente di casa in casa, organizzando e conducendo personalmente le aste pubbliche per la vendita dei doni offerti al Santo; presiedendo alle tre processioni in onore del Santo patrono.

Diventato maestro elementare, cominciò ad insegnare nella scuola del suo paese con la severità di quei tempi, ma anche con la bontà di un padre.

Lavorò, poi, per molti anni come segretario nella stessa scuola elementare fino alla pensione, diventando un punto di riferimento per tutti i giovani maestri alle prese con le Ordinanze Ministeriali per le supplenze e  gli incarichi. Tutti si rivolgevano a lui per consigli e per interpretare le norme della legislazione scolastica. Anche io, maestro di primo pelo, ricorrevo alla sua competenza all’inizio della mia carriera, per capire i meccanismi dell’organizzazione scolastica, fino a quando decisi di svincolarmi dal suo mecenatismo per imparare ad interpretare da solo la normativa. Durante la sua carriera gli venne proposta la dirigenza di una scuola elementare nell’avellinese, ma rinunciò per non lasciare la famiglia, gli amici, i colleghi.

Legato al benessere del paese, partecipò attivamente alla vita politica, militando nelle file della Democrazia Cristiana che  aveva contribuito a fondare nel 1944. Diventò Consigliere comunale nella prima amministrazione democratica dopo l’Era fascista l’8 aprile 1946. In seguito, grazie alla sua presenza attiva e carismatica nel paese, fu eletto più volte e ricoprì la carica di vicesindaco con l’amministrazione Pietro Foglia.

Sposò l’11 febbraio 1951 Maria Aniceto Colucci con la quale formò una famiglia numerosa, alla quale donò il suo amore e il suo sostegno.

Trascorse la sua vita dedito al lavoro, alla famiglia e ad aiutare le persone bisognose e analfabete nelle loro necessità burocratiche ed esistenziali, soprattutto durante il periodo del dopoguerra; attività che portò avanti per moltissimi anni ancora, finché c’era necessità del suo aiuto. Raggiunta la pensione, sognò di fare un viaggio negli Usa, ma una malattia lo tenne rinchiuso in casa fino alla sua morte, il 23 giugno 1984.

Persona amata dai suoi e odiata dagli avversari politici per il grande consenso che riscuoteva tra la gente e contro di lui si usarono tutte le strategie per annientarne la forza politica, fino ad attaccarlo vigliaccamente per un evento particolarmente delicato che aveva toccato la sua famiglia e che doveva rimanere al di fuori della politica.

Lui che non era mai salito su un palco - stando ai miei ricordi personali - tenne un pubblico comizio, che ho ancora impresso nella mente, durante il quale sottolineò il dolore di un padre e l’amarezza  per il comportamento degli avversari che per qualche voto in più avevano provato indegnamente ad infangare un uomo che, dalle origini umili, aveva speso l’intera vita a favore della gente semplice del paese.

 

Nel 1961 scrisse alcune riflessioni per il quarto di copertina del libro “I ricordi del curato” del Mons. Can. Stefano Boccieri di Baiano, firmandosi Domenico Sgambati.

 

«Ho avuto il privilegio di leggere in anteprima I ricordi del curato, il cui Autore, Mainardo, ha già pubblicato racconti e biografie. Di queste ultime notissima è Il Protomartire, ricostruzione minuziosa e fedele della vita di Santo Stefano.

Mainardo è anche l'Autore di quelle Briciole di casa nostra di tanti anni fa.

Il lettore troverà ne I ricordi del curato un mondo tutto nuovo, diverso da quello in cui viviamo, che lo entusiasmerà. I personaggi che lo popolano non sono frutto di fantasia, ma sono realmente esistiti in un passato non molto remoto.

La pungente ironia, il grottesco, le situazioni tragicomiche di cui il libro è permeato, non costituiscono però il  fine ultimo dell'Autore. Mainardo non vuol far sorridere, ma pensare.

Opera pregevole, stilisticamente curata, dove il sentimento trova libero sfogo attraverso i vari racconti e riesce a trasportare il fatto, l’accaduto, in un mondo dove il vero è colorato.

La rappresentazione della realtà di allora, senza alcun commento, cosi come si proponeva l’Autore, non è stata possibile, perché Mainardo oltre a dire il vero ha anche additato una strada, è vero in modo non palese, ma dall’insieme dei ricordi, e lo poteva fare, senza alcuna presunzione, Lui che giustamente viene considerato il padre spirituale di tutta Baiano.»

Nel 1979 scrisse una biografia del Mons. Can. Stefano Boccieri, col titolo “Chi è Mainardo”, pubblicata sul giornalino “Noi DC”, in occasione della Festa dell’Amicizia organizzata a Baiano il 6 e 7 ottobre 1979. (Vedi biografia del can. Stefano Boccieri)

In occasione della Festa dell’Amicizia del 1980 organizzata a Baiano, pubblicò sul numero unico “Noi DC” una biografia per far conoscere alle nuove generazioni la figura di un illustre baianese dal titolo “Vincenzo Boccieri, deputato galantuomo”. La ripubblicò poi nell’opuscolo “Il movimento dei cattolici e le origini della D.C. nel Baianese”, “Quaderni di Notizie”, anno 2 n.1, gennaio – maggio 1982, pp.3-6. (Vedi biografia dell’On. Vincenzo Boccieri)

Nello stesso opuscolo nelle pp. 9-12 pubblicò il testo «Dalla fede all’impegno politico – Il circolo “S. Stefano”», nel quale racconta la nascita della Democrazia Cristiana a Baiano, le prime elezioni amministrative  dopo il regime fascista e la consultazione referendaria del 1948.

«Quando l’esercito italiano si sbandò, dopo la fatidica data dell’8 settembre 1943, vi furono giorni terribili, pieni di paura, di preoccupazioni gravi, di fuggi fuggi generale per le campagne, perché i tedeschi, con le loro pazzie, commettevano ogni sorta di soverchieria, terrorizzando le popolazioni già oppresse dai continui bombardamenti messi in essere dai cosiddetti alleati. E la nostra cara Baiano, allora, anch’essa fu sconvolta da un bombardamento, verificatosi il 18 settembre dello stesso anno, causando ben 18 vittime innocenti.

Quando i lanzichenecchi abbandonarono le nostre contrade, perché incalzati dall’esercito americano e questo si verificò nella notte tra il 2 e 3 ottobre di quell’anno, in seguito anche ad un violento nubifragio abbattutosi sulla zona, ognuno cercò di ritornare in paese ad organizzare le proprie cose.

ln quel periodo sorse anche la necessità di organizzarsi in sodalizio. E così sorsero alcuni circoli, dove alcuni amici ci riunivamo, per decidere il domani paesano del dopoguerra.

Ma prima di aprire il circolo, un gruppo di noi, quasi ogni sera, ci riunivamo in casa del defunto Aniello Capiluongo, detto «Marruzziello›› e lì si discuteva del più o del meno per l’apertura di un nostro circolo e darci la denominazione.

Nella casa di «Marruzziello›› così, quasi come una società segreta, convenivano: Salvatore ‘o Carceriero, Michele ‘e Sputazzella (Campanile); Stefano ‘e Fulemenella  (Canfora), Paoluccio Tomeo, Alfonso ‘e Peppelamucia  (De Gennaro), Anselmino Litto, Domenico ‘e Vignone  (Genovese), ed insieme demmo il nome al circolo, denominandolo «Circolo S. Stefano».

Fu aperto in piazza, in un locale messo a disposizione dal Sig. Litto Anselmo, lo stesso locale che ha ospitato la sede della D.C. fino al verificarsi dell'evento sismico del 14 febbraio 1981.

A noi si unirono subito  Stefano ‘e Futariello (Sgambati);  i nipoti Lorenzo, Michelino e Stefano; Saverio ‘e Lupariello (Sgambati); don Geremia Foglia, insieme al papà Silvino ed ai cugini Saverio e Silvino; don Agostino Masi, con i figliuoli Fausto e Raffaele; Gigino e Mario Napolitano, fratelli di Salvatore; Paolino Aniceto; Stefano ‘e Simmunella  (Masi); ed i miei fratelli Giovanni, Nanuccio, Luciano e Domenico. Eravamo verso la metà dell’anno 1944.

Già in tutta Italia sorgevano i partiti politici. A Baiano già  era sorto il P.C.I., capeggiato da un napoletano che a Napoli faceva il liberale, mentre a Baiano si colorava di rosso, con numerosi iscritti, giovani e giovanissimi, per lo più gente ritornata dalla guerra e successivamente dai campi di prigionia tedesca.

In un’assemblea indetta verso la fine del 1944, decidemmo di dare al nostro sodalizio un volto politico e così, all’unanimità, decidemmo di fondare il Partito della «DEMOCRAZIA CRISTIANA».

A questo punto ho il dovere di ricordare che a darci man forte fu anche don Ciccio Picciocchi, che instancabilmente si prodigò per questa nostra nobile iniziativa.

La Sezione fu inaugurata il 26 febbraio 1945, giorno festivo per i Baianesi, in quanto ricorreva proprio la festa dedicata a Santo Stefano. ln quella occasione eleggemmo anche i rappresentanti del Partito e Salvatore Napolitano fu eletto Segretario di sezione all’unanimità, mentre chi scrive fu designato di curare la parte amministrativa della sezione.

Salvatore Napolitano, con le sue prime esperienze politiche e sindacali, in collaborazione con tutti noi, fece accrescere il partito con numerose altre adesioni.

Quando nel 1946 si affrontarono le elezioni amministrative  - le prime dopo il ventennio fascista -  la lista formata da 16 D.C., in contrapposizione con altre tre (la comunista,  gli indipendenti ed i combattenti) riportò la maggioranza assoluta, con l’elezione di 16 consiglieri su 20 assegnati al Comune, e chi scrive fu tra i 16 eletti.

Durante i cinque anni di amministrazione fu realizzata una grande opera sociale: la costruzione della rete fognaria in tutto il rione dei «Vesuni», di via Gesù e Maria,  di via Malta ed altre vie interne del paese, mettendo, così, gli abitanti di quelle zone, di vivere nelle migliori condizioni di vita civile, in quanto, prima della realizzazione di detta opera, per quei quartieri, non si poteva camminare, specialmente nei periodi piovosi d’inverno.

E arrivò poi il 1948. A questo punto mi piace raccontare un episodio assai classico e divertente.

Eravamo verso la metà del mese di aprile di quell’anno ed erano affollati i comizi politici, indetti dai Partiti, per la consultazione nazionale del 18 aprile. Non ricordo bene la data: ma mi sembra essere tra il 12 o il 13 di aprile: eravamo, insomma, alla vigilia delle votazioni, allorquando l’allora Comitato Civico Nolano aveva inviato alla nostra sezione alcuni manifesti murali.

Uno di essi rappresentava una scheda elettorale su cui erano effigiati la testa di Giuseppe Garibaldi ed un giovanissimo elettore che si era recato nel seggio elettorale, per esprimere il proprio voto.

Questi entra in cabina e apre la scheda. E mentre stava per mettere il segno di croce nel quadratino, disegnato a fianco della testa di Garibaldi con la matita, questo (Garibaldi) lo apostrofava con la seguente ingiuria: «Disgraziato, ma che fai»! Allora il giovane, con gli occhi spalancati ed i capelli rizzati, assai meravigliato, ferma la matita e resta lì a riflettere.

Questo manifesto fece gran colpo agli occhi degli elettori. Io ne feci affiggere uno proprio vicino alla sede del Pci.

E mentre alcuni lo commentavano, ecco che mi si avvicina un uomo dalla forza erculea, che per ragione di prudenza non menziono, e con fare minaccioso, mi disse testualmente: «Giovinò, comme ti si permettutto a fa mpiccicà chillu manifesto vicina a casa nosta?» Ed io: «Ma perché è proibito affiggere  i manifesti?»  Ed egli: «A chillu posto è proibito mpiccicà ‘e manifesti» e poi aggiunse:  «Nu viri che nge chiammati disgraziati?» Ma io risposi: «Non io, ma l’ha detto Giuseppe Garibaldi a quel giovane!» Ma egli ancora: «O manifesto là l’hai fatto mettere tu»  e poi aggiunse con un modo abbastanza sgarbato: «Giuvinò, si nu lievi chillu manifesto a là bicino, cà succere ‘o Quarantotto››!

«E già ci siamo all’anno 48», risposi io.   

A questo punto, quell’energumeno mi prese per la giacca e, alzando una mano - la destra - mi disse: «Te facesse a faccia nera nera, cummo ‘o purmone».  Ed io, che all’epoca mi prudeva il  naso, non mi persi d’animo; gli diedi uno spintone così forte da farlo sbattere  vicino al muro della casa che ospitava ed ospita tuttora la sezione del Pci. Accorsero alcuni volenterosi e ci divisero. Così finì l’alterco. Quell’uomo da quel giorno mi usa un gran rispetto ed io glielo ricambio di cuore.

La consultazione si concluse e la D.C. locale, totalizzò 1007 voti. Fu allora una vittoria strepitosa non soltanto a Baiano, ma in tutta Italia, con una maggioranza assoluta.

Il potere amministrativo locale durò solo cinque anni: del 1946 al 1951, allorquando le lotte interne tra amici di Scoca e di Sullo divisero in due fazioni il partito locale.»