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C'era una volta un topo di città, di nome Gi­gione, che viveva, con i suoi sei figlioletti e con la dolce Ninetta, nella casa di un ferroviere, in una vecchia botte di rovere che conservava an­cora il profumo del buon vino.

<> si dicevano ogni sera i sei topini prima di infilarsi dentro la paglia, pensando al padrone di casa.

<>

 

 

<<Basta, basta!... Uuuuh! Solo a pensarci mi viene l'acquolina in bocca!>>

Era una famiglia felice, senza particolari problemi. Il cibo non mancava mai, perché in quel­la cantina si conservava ogni ben di Dio; la casa era sicura ed il giardino spazioso.

Papà topo non si stancava di raccomandare ai figlioletti di stare molto attenti al gatto del vicino, un temibile cacciatore sempre in agguato dietro i cespugli.

<<E' molto cattivo!... Vi mangerebbe in un sol boccone tutti quanti insieme>>.

<> aggiungeva la madre, <>

<

rché io e lui siamo cresciuti insieme in questa casa. Siamo due veri amici... Gli altri sono nemici!... E' nella loro natura l'istinto di mangiare noi topi... Dovete fuggire ogni qualvolta avvertite la loro presenza, se vi è cara la pelle!>>

Un brutto giorno il ferroviere se ne andò via e con lui il cibo di cui era sempre abbondantemen­te fornita la cantina. Al suo posto arrivò una fa­miglia di squattrinati e un gattaccio nero che tolse immediatamente la pace in quella casa. Sem­brava non avesse altro interesse se non quello di afferrare per la coda i topi e di fargli la festa senza alcuna pietà. Solo quando dormiva con sonno profondo, potevano uscire dalla botte per andare alla ricerca di qualcosa da mettere sotto i denti.

<> ordinò una sera mamma topo, <>

Mentre oltrepassavano la siepe, i sei topini si girarono a guardare per l'ultima volta quell'angolo di paradiso dove erano stati felici.

<> sussurrarono e si strinsero in un lungo abbraccio.

<> disse papà topo, per fare coraggio alla sua famiglia. Ma ave­va anch'egli la tristezza negli occhi. <<Forza, andiamo!>>

Diede la mano alla moglie e spinse i figlio­letti verso una nuova vita.

*   *   *

Non fu facile trovare una nuova sistemazione in un luogo sconosciuto, dove i posti migliori già erano occupati da altri topi. Dovettero accontentarsi di una soluzione provvisoria tra le radici di una quercia nella piazza centrale del paese, nell'at­tesa di una casa più comoda e spaziosa.

I sei topini non erano felici! La vita in piazza si presentava difficile e piena di insidie per una famiglia abituata alla tranquillità di una cantina.

<> ripeteva continua­mente Gigione. <>.

<> esclamò quando si sentì sazio. <>.

Ebbro di gioia, tornò di corsa a casa, comu­nicò la lieta notizia alla moglie e ai figlioletti e li abbracciò forte varie volte.

Mamma topo accarezzò uno per uno i sei topi­ni, affettuosamente.

<> poi disse <>.

<>

<<Sì, certo, miei cari. Nella biblioteca non entra mai nessuno!>>

Il giorno dopo si trasferirono nella nuova abitazione e si sistemarono dietro una grande en­ciclopedia degli animali.

<<Papà aveva ragione>> ammisero i sei topini, dopo aver fatto un primo giro di perlu­strazione. <>.

<> disse mam­ma Ninetta. <<Così il sonno sarà più dolce>>.

*   *   *

<<Aiuto, mamma!... Aiuto papà!>> gridarono spaventati una domenica mattina i sei topini, men­tre erano intenti a rosicchiare le prime pagine ingiallite di un vecchio libraccio.

Gigione e la moglie accorsero facendo acroba­zie tra gli scaffali, temendo per la sorte dei piccoli.

<<C'è un gatto!... C'è un gatto in mezzo al libro!>> esclamarono spaventati i topini.

<> li tranquillizzò mamma topo. <>

<<Oibò! Tu cosa ci fai qui?>> chiese Gigione.

<> rispose con orgo­glio il gatto, consapevole della sua importanza.

Gigione capì che il gatto era prigioniero di quel disegno ed immediatamente mise in atto  un'i­dea diabolica. Con lievi movimenti della coda co­minciò a solleticarlo sotto la zampa e poi lungo la schiena.

<<Così impari, brutto gattaccio, a molestare i topi!>> gridò con aria soddisfatta, continuando a sfregarlo con gusto, fino a costringerlo ad a­crobatiche contorsioni e ad un buffo e lungo mia­golìo.

<<Smettila, ti prego!>> lo supplicò. <>

Sordo alle implorazioni del gatto, Gigione prolungò il suo gioco malizioso, eccitato dalla presenza della moglie, dei figli e di un pubblico sempre più numeroso di ragni, formiche, insetti, scarafaggi e farfalle.

<<Osservate, gente, osservate il trionfo del vostro Gigione che finalmente si vendica, anche per voi, di tutte le paure e di tutte le umilia­zioni subìte!... Ah! Che piacere provo, miei cari! E' una sensazione meravigliosa, indescrivibile!>> esclamò ebbro di gioia, mentre passava e ripassava la coda sotto le ascelle del gatto.

<<Pietà, Gigione, pietà!>> miagolò forte il gatto. <>

<> ripeteva il topo, incurante delle preghiere del nemico, <>

<>, implorava il gatto, <>

I sei topini disapprovavano il piano messo in atto dal padre e l'aria trionfale che andava assu­mendo.

<>

Colpito nel suo orgoglio dalla giusta consi­derazione dei figli, Gigione ritirò la coda e provò quasi vergogna di se stesso.

<> provò a sussurrare il gatto, comprendendo il dramma di Gigione. <<Pur­troppo è la natura che ci ha resi nemici>>, conti­nuò per raddolcire l'animo di Gigione, <>

Ninetta  approvava le parole del gatto con quell'aria dolce che solo una mamma topo può ave­re. Poi strinse a sè i figlioletti, mentre il con­sorte allungava la mano al felino in segno di pa­ce, sotto lo sguardo attonito degli altri animali presenti, in un'atmosfera di gioia.

<<Perché sei così giallo?>> chiese il più piccolo dei topini, con l'ingenuità propria dei piccini.

<>

<>

<<Beh! Se i vostri genitori non hanno paura di affidare sei topini ad un vecchio gattaccio, so io dove portarvi!>>

Gigione e Ninetta si guardarono negli occhi ed ognuno vi lesse i pensieri dell'altro.

<<Andate!>> poi esclamarono insieme. <<Anda­te, figlioli!... Questo è il vostro mondo, il fu­turo della famiglia!>> ed indicarono gli scaffali stracolmi di libri.

(Baiano, 28 Giugno 1994)