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(Baiano, 8 settembre 1937 * Avella, 6 giugno 1992)

 

Ha scritto:

“Poesie e canzoni”, Scuola Tipo-Litografica Istituto Anselmi  della Piccola Opera della Redenzione, Marigliano, Giugno 1993

“Il Volto del mio Paese”, saggio, Baiano, 1969

Articoli per “L’Informatore culturale” di Roma.

 

Figlio di Alfonso e Maria Carmina Miele.

Nel 1969 scrisse il saggio “Il volto del mio paese”, con il quale fu premiato l’11 dicembre 1969 a 32 anni  al concorso organizzato dall’Università Operaia Paolo VI di Calambrone (Pi) con la seguente  motivazione: “Per aver dato del suo paese una descrizione più vicina, come forma e come contenuto, alla saggistica che al bozzetto o al tema descrittivo. L’analisi accurata dell’ambiente sociale, politico, economico, i fatti storici accuratamente vagliati e segnalati e qualche sprazzo  di vivacità popolaresca impreziosiscono il lavoro.”

Assunto nel 1972 come custode e guardia notturna alla Soprintendenza per i Beni Ambientali e Architettonici della Campania Napoli, prestò servizio al Palazzo reale. Successivamente fu promosso a custode capo.

Nel 1978, a seguito del D.P.R. n.616/77, fu messo a disposizione della Regione Campania, presso l’Assessorato all’Urbanistica, Politica del Territorio e Tutela dei Beni Ambientali a piazza Carità a Napoli, dimostrando nello svolgimento dei suoi compiti “attaccamento al lavoro, senso di responsabilità, capacità e diligenza ed elevate qualità morali con alto rendimento e notevole precisione”, come si legge nei rapporti informativi del 1978 e 1979 dei coordinatori dei servizi. 

Il 27 Agosto 1980 ottenne l’iscrizione all’Ordine dei Giornalisti di Torino, e gli fu assegnata a Napoli la tessera n. 009/87 dell’Informatore Culturale, Rivista di informazione artistica, culturale e sociale, con sede a Roma.

Diventato operatore amministrativo, nel 1981 fu assegnato al Comune di Nola.

Gli impiegati comunali  nel 1987  divennero  maestri di festa del giglio del Sarto e in quell’occasione scrisse « ‘O Primmo Ammore», canzone che ottenne diversi riconoscimenti: prima classificata al primo videofestival della canzone dei gigli, organizzato dall’emittente televisiva VideoNola; seconda classificata  alla VII Edizione RadioFolk organizzata da radio San Massimo e terza  nella decima edizione del Canta Giglio 87. Nel 1992, in occasione del Carnevale di Saviano, il comitato del carro “La Vittoria” gli conferì una targa d’argento per la canzone “Carnavale paisano”.

Nel 1988 fu trasferito presso l’Ufficio archeologico di Nola, ricoprendo il ruolo di coadiutore capo. Qui rimase fino al giorno della sua morte, avvenuta per un infarto  presso l’Ufficio archeologico di Avella, dove era andato  in missione per accompagnare un collega che non conosceva bene la zona.

 

Nel mese di giugno del 1993, ad un anno dalla sua scomparsa, viene pubblicato il libro “Poesie e canzoni”  con 16 testi, tre dei quali sono stati musicati per essere cantati a Baiano nel periodo natalizio.

Da sempre musica e canti popolari accompagnano il Maio, dal bosco di Arciano fino alla Chiesa di Santo Stefano. Canzone principe è “Oi Stefanì”, ma a rendere ancor più vivace l’atmosfera gioiosa che si respira durante la festa contribuisce da alcuni anni la canzone «‘O Maio», scritta appunto da Stefano Fiordelisi nel 1986. I versi furono musicati prima dal maestro Carmine De Luca di Cicciano, poi dal maestro Raffaele Minale di Marigliano, infine dal maestro Mario Muselli di Brusciano, che musicò anche altre due, «‘E Ccarabine» e «Quanno pass’ ‘o Maio», che sono in attesa di essere adottate dai baianesi. A furor di popolo fu scelta la versione di Mario Muselli da amici e parenti che ebbero il privilegio di ascoltare in anteprima le tre canzoni, che poi furono presentate ufficialmente ai baianesi durante la festa del 1988,  intonate dal vigoroso timbro vocale di Pino Montagna.

In questo trittico, l’autore si cala nello spirito della manifestazione del folklore baianese, sapendone interpretare e decifrare le valenze con forte passione.

Il 15 novembre del 1986 chiese al Comune di Baiano un contributo per far musicare la sua canzone sul Majo. Il suo progetto non venne finanziato, ma lui, pur di realizzare il suo sogno, si accollò ogni onere finanziario, perché, come  scrisse nella richiesta, egli è “un amante di tutte quelle forme di arte e manifestazioni culturali che tanto arricchiscono l’animo umano e che con le tradizioni  ed il folklore locale spesso si identificano”.

Stefano  ha lasciato a Baiano le sue rime musicate come testimonianza eterna del suo amore verso la festa del Maio e della sua fede verso il Santo patrono. Era talmente legato alle tradizioni folkloristiche della sua terra natia, che qualche tempo prima di morire, chiese a sua figlia Marica di far scrivere sulla sua tomba queste parole (poi rivelatesi profetiche): “Brillano p’ ‘o cielo ‘e stelle / da luntano mille voce / uno chiamma e n’ato sente / fanno st’anema cantà”. Si tratta dei  versi originali della canzone ‘O Maio, poi cambiati per esigenze musicali  in “Pe’ stu cielo tanta stelle”. Voleva che le sue canzoni durassero oltre la sua morte, poiché era fermamente convinto che la cultura di un popolo si trasmette tenendo vive le sue tradizioni e anche una semplice canzone può rendere il passato vivo e presente. Molto belle sono anche le altre due canzoni che colgono le emozioni e i momenti più salienti della kermesse. Si passa dagli spari delle carabine, antica tradizione baianese, al decantare la bellezza della festa che, come dice l’Autore, fa ritornare tutti ragazzi e “mette dint’ ‘e vene nu fuoco ‘e giuventù” facendo al tempo stesso sognare le “nenne”!

Nella prefazione del libro “Poesie e Canzoni”, il professore Gianni Amodeo mette in evidenza l’anima del poeta, il legame col vissuto della quotidianità, l’amore per la sua terra e le sue tradizioni ed una personalità aperta ai valori più autentici della vita.

 

«È stato sempre legato al vissuto della quotidianità. Un legame intenso, che per Stefano Fiordelisi, prematuramente scomparso, ha significato capacità di lettura attenta e penetrante del comune sentire della gente. Una capacità, tesa a riscoprire le valenze della profondità, così come si proietta sugli scenari del folcklore.

Ed ecco il rapporto pregnante e forte con i microcosmi delle feste, che puntualmente scandiscono i ritmi di vita delle comunità cittadine nell'area basso-irpina e in quella nolana. Un rapporto tradotto in versi, da coniugare con la musica, nel modulo della canzone, che coglie e interpreta emozioni e sentimenti diffusi. E, del resto, il connotato della canzone è proprio quello di fissare nella combinazione delle rime e delle tonalità frammenti di diffusa sensibilità, con cui un po’ tutti si identificano e riconoscono.

La Sagra dei Gigli, a Nola, la festa del Maio, a Baiano, la festa del Carnevale, a Saviano, rivivono nelle canzoni di Stefano Fiordelisi con le loro peculiarità più  espressive. Sono colte nei momenti più vividi, con sequenze di immagini plastiche quanto nitide. E sono sequenze, alle quali il vernacolo napoletano, alla stregua delle varianti di timbro, con cui si atteggia nell’area nolana e in quella basso-irpina, procura ricchezza di musicalità.

E nel vernacolo, che Stefano Fiordelisi propone, si avverte l’influsso di “don” Mario Patanella, il poeta popolare di Nola, autore fecondo di tante canzoni, che  hanno impreziosito negli anni la Sagra dei Gigli. E il legame affettivo e di stima con l’arguto e caustico autore della “Commedia nolana”, scomparso due anni fa, ultraottuagenario, è stato davvero rilevante per Fiordelisi nella riscoperta del dialetto, simbolo e sintesi dell’anima popolaresca.

Ma Stefano Fiordelisi non si ritrova soltanto nelle canzoni di impronta folcklorica. Le composizioni strettamente poetiche, in lingua come in dialetto, consegnano la testimonianza di una personalità semplice e schietta.

Una personalità aperta ai valori più autentici della vita: l’amicizia e il senso del lavoro.» 

In aggiunta alla prefazione ci sono alcune considerazioni molto profonde del poeta Antonio Saveriano. 

All’amico Stefano 

«Iniziare un discorso su di un poeta significa rientrare in noi stessi e rileggere anche la nostra storia, forse perché il fratello Stefano è stato nostro compagno di collegio insieme ad altri, di cui alcuni sono andati via.

Il poeta è un uomo che ha dei doni particolari, è voce del singolo che diviene voce universale, nasce nel tempo ma dura oltre il tempo.

Stefano Fiordelisi: la sua vita la sua storia Baiano-Nola, la sua famiglia, gli amici, l’amore per il prossimo.

E ci resta la melodia dei suoi versi, un cuore bambino che scalpita inquieto per le lagrime umane. Stefano è un poeta meridionale e la sua poesia nasconde nelle pieghe della pagina la sincera aderenza alla terra natale: l’Irpinia. Riaffiora così l’insopprimibile attaccamento alle vicende socio-politiche culturali del nostro mezzogiorno e si nota la testimonianza di un poeta tributario di profondo amore per le sue genti.

C’è a volte tristezza nei suoi versi, ma al di sopra di tutto nella pagina lirica del poeta irpino vive profonda la speranza, la fede: quella che deve sempre accompagnare l’uomo nel suo viaggio, perché essa, in fondo, è la fiaccola che ci sorregge nella lotta per la sopravvivenza e per la difesa dei valori assoluti.»

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 Ed ecco il testo della canzone grazie alla quale Stefano è entrato nel cuore di tutti i Baianesi.

 ‘O Maio

 

I

Brillano p’ ‘o cielo ‘e stelle

da luntano mille voce

uno chiamma e n‘ato sente

fanno st’anema cantà.

Quann’ ‘a luna s’arritira

esce ‘o sole a ppoco a poco

cu sti scoppie ‘e carabine

chistu Maio è pronto già.

 

Ritornello

 

Da muntagna scenno ô cchiano

cu sti chiorme malandrine

sempe belle e cchiù decise

va stu Maio a camminà.

Privileggio ‘e sta famiglia

è stu figlio ‘e Luciano

ca d’ ‘o primmo è sempe ‘o primmo

pe dà forza e serietà.

 

II

Spare, fummo e fuje-fuje

guerra e pace a stu paese

tanto fuoco p’ ogne vico

tutt’ ‘a ggente fà tremmà..

 

 

Chistu Maio ‘nnanz’ ‘a chiesa

tra na folla ‘ntusiasmata

fra canzone e fucilate

mo se torna a s’aizà

 

Ritornello

 

E stu fucarone ch’arde

Mmiez a tanta tanta ggente

quanno arriva stu Natale

fà stu core cunzulà.

Santo Stefano cchiù bello

fa stu popolo ‘e Baiano,

cchiù s’astregnano sti mane,

cchiù felice è sta città.

 

F i n a l e

Santo Stefano cchiù bello

fa stu popolo ‘e Baiano,

cchiù s’astregnano sti mane,

cchiù felice è sta città.

 

 E questo è il testo della canzone scritta per il giglio del Sarto, grazie alla quale Stefano ha raccolto vari riconoscimenti ed è entrato nel cuore dei Nolani. 

‘O primmo ammore 

I

Ogn’anno a fine ‘e giugno

quann’ ‘o sole arde e coce,

mme vene d’int’ ‘o core
na gioja ‘e suspirà,

pe Nola na canzone

ca tutte hanno cantà.

 

Chist’anno cchiù e l’at’anno

respiranno st’aria ‘e festa

veco ‘a ggente cchiù felice,

po sentenno sti canzone

cchiù me piglio ‘a passione

pe sta festa ‘e sta città.

 

Festa bella, festa cara

nasce e crisce tutte l’anne

e nu muore, no, nu muore

pecché tu sì ‘o primmo ammore

ca stu core fà cantà.

 

I I

‘O sarto è nu giujello

pe ll’arte e p’ ‘a scultura

è n’opera superba

c’ ‘o munno addà guardà,

’o porta ‘na paranza

ca ‘ncielo ‘o fa vulà.

 

 

 

Sò giuvane d’onore,

sò cchiù forte d’ ‘e liune,

pe sta forza, stu curaggio,

pe sta smania ‘e cullà ancora

cchiù nisciuno, cchiù   nisciuno

penza maie d’ ‘e superà.

 

Quanta fede, quanta amore

sotto ‘e varre ‘e chistu giglio,

stanno unite pate e ffiglie

cu sta ggente d’ ‘o Cumune

mast’ ‘e feste ‘e rarità.

 

Finalino:

 

Festa bella, festa cara

nasce e crisce tutte l’anne

e nu muore, no, nu muore

pecché tu sì ‘o primmo amore

ca stu core fà cantà.